Intolleranze alimentari: cosa sono e come si riconoscono

Il numero delle persone allergiche ed intolleranti alle sostanze presenti negli alimenti, lattosio e glutine in primis, è in continuo aumento. Complici di questa crescita sono le diagnosi fasulle svolte da personale non sanitario e non competente che negli ultimi anni stanno promuovendosi sempre di più.
Quella delle intolleranze alimentari è diventata quasi una moda e per molti rappresenta un’opportunità di business. Sempre più spesso strutture come laboratori, palestre, ma anche centri estetici propongono dei test per valutare allergie ed intolleranze che non hanno alcuna validazione scientifica.

Oltre a spendere inutilmente soldi, perché sì questi test partono generalmente da un prezzo superiore ai 90 euro, sottoponendovisi ci si espone principalmente a due rischi. Il primo è quello di ritardare la diagnosi corretta del proprio problema. Il secondo è di compromettere il proprio stato di salute privandosi inutilmente di alcuni alimenti.
Perché tutto questo? Perché questi test 9 volte su 10 danno come esito l’esistenza di una reazione che invece non è presente. Il termine corretto con il quale si fa riferimento a questo genere di risultato è “falso positivo”.

Nella trattazione seguente cercheremo di fornire un quadro oggettivo ed approfondito su che cosa sono davvero le intolleranze, come si manifestano e come vanno gestite.
Ecco che non possiamo non specificare che intolleranze alimentari ed allergie alimentari sono due situazioni differenti. Prevedono cioè due reazioni distinte. Infatti, mentre l’allergia alimentare causa un’alterazione immediata, l’intolleranza si può manifestare fino a 72 ore dopo l’assunzione di un dato alimento.
Altresì, l’allergia comporta generalmente un’alterazione a livello di mucosa e provoca eruzioni cutanee o comunque conseguenze e sintomi più gravi ed invalidanti; l’intolleranza invece può comportare disturbi vari, tra cui gastrointestinali.

Quali sono le cause e gli alimenti a rischio

La prima cosa da sapere è che le intolleranze alimentari possono essere genetiche oppure acquisite. Ciò significa che esse possono fare la loro comparsa in qualsiasi momento della vita e tale comparsa può essere sia improvvisa sia graduale. Varia da soggetto a soggetto, così come i disturbi. I disturbi possono esseri vari, legati cioè alla digestione, lenta e/o difficoltosa, gonfiori e tensioni a livello di pancia, colite, nausea, vomito, diarrea. Molti soggetti lamentano anche mal di testa e stanchezza ricorrenti. Questi due sintomi spesso tendono a diventare patologici, fintanto che non si scopre che cosa li causa.

Infine, per quanto riguarda il riconoscimento delle intolleranze facciamo presente che esse non favoriscono l’aumento di peso o l’obesità. In merito vi è molta confusione e spesso si sente dire che una conseguenze delle intolleranze, ma così non è.

 Prendendo adesso in esame gli alimenti a rischio, quelli che generalmente sono oggetto di intolleranze sono il latte, le uova, gli arachidi, il frumento, la soia, il pesce, soprattutto o molluschi, oltre che le nocciole e la frutta con guscio ed, ancora, i cereali che contengono glutine, come il grano, l’orzo, l’avena, il farro e la segale. Ma andando più nel dettaglio si intravede anche l’ormai famoso lattosio, vale a dire lo zucchero che si trova nel latte. Chi soffre di intolleranza al lattosio ha una carenza a livello dell’enzima digestivo, chiamato lattasi. Esso è responsabile della scissione del lattosio in glucosio e galattosio, cosa che serve per essere correttamente assorbito e poi utilizzato dal nostro organismo. Oggi è uno dei problemi più frequenti insieme alla celiachia, che è l’incapacità di digerire e metabolizzare il glutine, e al favismo. Quest’ultimo si caratterizza per essere un difetto congenito di un enzima che di norma dovrebbe essere presente nei globuli rossi. Si tratta quindi di un tipo di intolleranza congenita, i soggetti favici non possono mangiare fave o piselli né assumere alcune tipologie di farmaci contenenti per esempio salicilici e sulfamidici.

Come eseguire la diagnosi

La diagnosi corretta la può eseguire solo il personale medico, come dottori di medicina generale, dietologi, allergologi, diabetologi ecc, come pediatri nel caso dei bambini. Occorre quindi informare il professionista circa le varie manifestazioni e sintomi e sottoporsi poi a dei test cutanei, di provocazione orale e a un dosaggio di anticorpi IgE specifici. Durante la visita viene sempre richiesto il tipo di dieta che si segue, quindi potrebbe essere utile annotarsi ciò che si mangia e trascrivere le eventuali reazioni. In questo modo si può individuare l’alimento o la sostanza che ci arreca disturbo con maggiore facilità.

Quelli appena citati sono gli unici metodi scientifici validi e riconosciuti, bisogna diffidare da altri tipi di esami come il pulse test, la biorisonanza, il vega test o, ancora, i test della forza, sui capelli e sulle cellule del sangue.